Tanti gli appelli che sono stati fatti arrivare sul tavolo dei Comitati Regionali e su quello del Presidente LND Sibilia. Calciatori, allenatori e collaboratori sinergicamente, sui social e sulla carta stampata affidano la propria rivalsa ad essere considerati categoria sofferente, diffondono Comunicati con tante firme dei capitani delle squadre pronti a correre, sudare, soffrire, gioire per quel pallone che oramai non è un amico da tanto, troppo tempo.
Da tutte le regioni, o quasi, piovono Comunicati per chiedere la ripresa dei campionati di eccellenza, equiparandoli ai tornei di Serie D che, a singhiozzo con varie positività e rinvii, comunque sono in pieno svolgimento. A dura prova le casse delle società di Serie D dal punto di vista economico con una nuova voce in bilancio che non era preventivabile all’inizio della stagione. Un protocollo, quello che li riguarda, attento a individuare preventivamente atleti positivi per tentare di arginare la diffusione, si consideri che la Serie D è a carattere interregionale per cui potenzialmente un carico epidemiologico potrebbe essere scaturito da un soggetto positivo. Ma al momento nessuna notizia di tanto, i positivi restano isolati, il resto della truppa partecipa alle gare in programma.
Chi oggi reclama di poter tornare a gareggiare è ben consapevole di doversi poi adeguare alla stessa norma di sicurezza, anzi propone di osservarla suggerendo anche per come recuperare le somme necessarie per assicurare lo screening e alleviare le spese societarie. Per esempio i bonus elargiti ai singoli calciatori potrebbero essere sospesi e le somme recuperate destinate alle Società. Una ottima soluzione se non fosse che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. I tempi per girare questi contributi alle società quali sarebbero? Ci sono società pronti a ripartire assicurando la corretta applicazione delle procedure di sicurezza? Sono pronte, eventualmente, ad anticipare le spese? Dicevamo delle tante richieste di ripartenza, certo importanti e degne di sostegno, ma quante società hanno affiancato i propri tesserati nella loro richiesta? Veramente poche, ripartire non è solo pensare alle spese derivanti dal protocollo sanitario, le quali si aggiungono a quelle dei rimborsi, delle trasferte, dell’ordinaria amministrazione. È indubbio che parecchi sponsor verranno a mancare; come si fa a chiedere, giusto ad esempio, la sponsorizzazione a un ristorante chiuso da tre mesi? Argomento delicato che merita un ragionamento a parte: i rimborsi degli atleti, dei tecnici (sebbene gli unici ad aver un contratto), dei collaboratori? Lecito e giusto chiedere di aver riconosciuto quanto stabilito ad inizio stagione oppure, in virtù della passione che anima la voglia di riprendere, essere disponibili a rivedere tutto?
È questo il momento di fare unione tra tesserati e società, fondendosi in un’unica realtà servendosi dell’alchimia che solo un pallone è capace di realizzare, con i sacrifici di tutti.
Le società si trovano ora di fronte a una scelta: condividere le volontà dei primi attori o comunicare il proprio dissenso a riprendere, altra soluzione non c’è, e non è concesso neanche tentennare, o bianco o nero, dimenticando il grigio.
Tutto si può, nulla di precluso, ma ognuno pronto a rinunciare per quanto gli compete a qualcosa, in attesa di tornare nel normale mondo pallonaro di cui tanta è la nostalgia